“Solamente chi è forte è capace di perdonare. Il debole non sa né perdonare né punire.”
Di: Oriana Mariotti
Siamo alle porte dell’inverno e quindi di una nuova stagione.
Accade che in questi momenti di transizione, si senta il bisogno di un rinnovamento, si spera positivo, che spesso può avvenire se seguiamo alcuni passi che ci suggerisce la psicologia del perdono.
Di frequente alcuni prendono in mano carta e penna – o fanno uno schema mentale – su cui appuntare i propri propositi, in modo da coltivare la speranza e cercare di imparare dagli errori.
Fra questi propositi, che dovrebbero essere alla nostra portata per non lasciarci in preda alla delusione, dovrebbe sempre esistere il perdono.
Moltissime delle nostre energie infatti molto spesso sono imbrigliate in circuiti distruttivi che come denominatore comune hanno la rabbia e il conflitto fine a se stesso: quante volte ci è capitato di “litigare” sui social network con perfetti sconosciuti?
Quante altre volte ci siamo sentiti sopraffatti di fronte agli atteggiamenti di chi ci fa sentire inferiore o incapace, pretendendo una superiorità solo apparente?
Sono moltissimi soprattutto oggi, in cui siamo esposti maggiormente in quest’era della comunicazione, i motivi per cui rimanere turbati o arrabbiati; sono frequenti le occasioni di scontro: al volante, in mezzo al traffico, oppure in coda, troviamo sempre il prepotente di turno, chi ci fa andare fuori dai gangheri.
Oppure chi ci lascia, ci rifiuta. Può essere un amico, un fidanzato, una amica del cuore, un fratello o una sorella, un genitore.
L’importanza del perdono
Perdonare non è segno di debolezza, ma di forza.
Perdonare non significa scusare, nè “abbassarsi”, nè riconciliarsi o rinunciare alla nostra dignità: non significa considerare positivo ciò che ci è accaduto se così non è.
Innanzi tutto perdonare significa togliere spazio al risentimento.
Significa accettare che le cose siano andate in un certo modo, e smettere di pensare ed ipotizzare a come sarebbero potute andare se ci fossimo comportati diversamente; significa metter fine ai “se” ed ai “ma”, per lasciare posto alla semplice accettazione di ciò che è accaduto, pur non condividendolo.
Perdonare significa anche liberarci dall’odio, una delle fonti maggiori di stress e di malattia che possano esistere: la rabbia ci intossica, ci sottrae energie; la vendetta ci rende spesso crudeli e dirige i nostri sforzi verso l’oggetto che vogliamo distruggere, svuotandoci di fatto delle nostre risorse migliori.
Molte visioni differenti
Ricordiamoci anche che ciò che per noi può essere un fatto grave, per un’altra persona può non rappresentare nulla di importante. Per capirci meglio: noi possiamo sentirci offesi dal comportamento di una persona a noi vicina, mentre in realtà questa persona non è minimamente consapevole di averci causato un danno.
Questo perché ognuno di noi interpreta i fatti a suo modo, in modo unico, a seconda delle proprie esperienze e della propria personalità.
Ecco perchè possono nascere delle incomprensioni, dei fraintendimenti, che se non risolti si cristallizzano, trasformandosi spesso in muri veri e propri: anche per questo secondo la psicologia del perdono, è sempre importante parlare, cercare di comunicare all’altro come ci si sente, confrontarsi.
Quante amicizie finiscono in nome di una visione diversa delle cose e di quell’orgoglio che ci fa allontanare senza dare spiegazioni nè avere un confronto con chi ci ha ferito?
Vi lascio con questa citazione, su cui riflettere, se volete.
La persona che giorno dopo giorno resta intrappolata nel ciclo del ricordo, nel tarlo del risentimento e in quell’odio persistente verso il passato, concentrato in un fatto in concreto o in una persona determinata, oltre all’infelicità sviluppa anche uno stress cronico. Nessuno merita di vivere in questo modo. Perché non vi è emozione più tossica che l’ira combinata con l’odio…
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