Di: Oriana Mariotti
Camilla Mendini, più conosciuta come Carotilla, è una youtuber italiana molto impegnata nei temi dell’ecosostenibilità. Abbiamo avuto il piacere di conoscerla e di intervistarla (potete trovare l’articolo QUI) quasi un anno fa, quando ci ha parlato del suo impegno nel campo della moda sostenibile, argomento che le è caro al punto da avere realizzato una linea tutta sua che ha chiamato Amorilla.
Il suo impegno si sta espandendo verso uno stile di vita improntato sempre più alla sostenibilità, fornendo spunti utili su come sostituire prodotti in plastica con altri naturali e riciclabili (il suo video sui Bees Wrap, pellicole per alimenti ecologiche e riciclabili in fatte con cera d’api e cotone biologici ha incuriosito moltissimi utenti).
L’abbiamo nuovamente incontrata: oggi parliamo della sua nuova linea di abbigliamento.
L’intervista
Hai finalmente creato la tua linea di abbigliamento sostenibile, Amorilla. Avresti mai pensato che saresti diventata una imprenditrice?
Amorilla è nata da una mia curiosità verso le tradizioni culturali che riguardano il mondo del tessile ed è stata più una risposta creativa e funzionale al mio desiderio di far nascere un brand di moda che fosse veramente sostenibile dall’inizio alla fine. Imprenditrice lo sono diventata di conseguenza e quasi per forza, ma dentro di me mi considero ancora un’artista impegnata nel creare seguendo una causa in cui credo fortemente.
Come è composta la tua linea di abbigliamento Amorilla?
È da poco uscita la seconda collezione, o meglio Love Story: Amorilla è una scatola di storie d’amore legate ai tessuti, alle tecniche di stampa, ai ricami, a tutte quelle tradizioni tessili che nascono e rendono ricco il patrimonio culturale del Mondo. Ogni Love Story è una capsule collection che prende forma in un Paese specifico, scelto proprio in base ad una tecnica tessile di cui mi sono innamorata e attorno a cui si sviluppa tutta la collezione.
Nella prima Love Story ci troviamo in India, nel Rajasthan, dove sopravvive ancora una particolare tecnica di stampa a mano attraverso l’utilizzo di blocchi di legno, anch’essi intagliati a mano.
Nella seconda Love Story invece arriviamo in Italia: in anni in cui il made in Italy non è più sinonimo di garanzia, perché purtroppo basta aggiungere in Italia un bottone o un’etichetta ad un capo confezionato all’estero per poterlo etichettare come Made in Italy, ho voluto raccogliere la sfida di confezionare una collezione interamente in Italia, dal tessuto, alla tintura, alle sarte che hanno realizzato interamente i capi.
Quali tessuti hai utilizzato in queste due prime collezioni?
Per la prima Love Story, “India”, ho scelto un tessuto locale: un cotone biologico che viene filato a mano, si chiama Khadi ed era stato utilizzato da Ghandi come simbolo della rivoluzione economica indiana, in contrapposizione al cotone imposto dagli Inglesi.
Per la seconda Love Story invece la peculiarità sta proprio nel tessuto: sostenibile, naturale e molto raro.
È formato dall’intreccio di vari filati: la canapa, che è la fibra più ecofriendly sul mercato perchè non richiede l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti per essere coltivata e la lana di yak, che non solo è morbida come il cachemire, ma è sopratutto sostenibile, perchè l’animale non viene tosato, ma la lana si raccoglie dai rovi e dai cespugli dove lo yak ha camminato e dove è rimasta impigliata.
Questo tessuto è altamente performante: è morbido e duraturo allo stesso tempo, ed è anche ipo-allergenico e traspirante, aiutando il corpo a mantenere la temperatura costante.
Hai scelto di produrre in Italia o ti sposterai anche altrove, magari proprio negli Stati Uniti?
Ogni Love Story viene prodotta interamente in un Paese specifico: se la prima è stata creata con tessuti indiani, da lavoratori indiani, la seconda allo stesso modo è stata confezionata totalmente in Italia.
La terza sarà in un altro angolo del Mondo, di cui mi conquisterà una particolare tradizione legata al mondo tessile.
Hai voglia di parlarci di quanto sia impegnativo realizzare un proprio marchio di abbigliamento?
È impegnativo anche dal punto di vista economico, perchè richiede un cospicuo investimento iniziale realizzare un marchio di abbigliamento come Amorilla: non prendo scorciatoie, non ho fretta di lanciare le collezioni, ma scelgo con molta coscienza ogni aspetto della produzione.
Ogni passaggio è studiato per essere più sostenibile ed etico possibile, in modo che la collezione possa rispecchiare i miei standard di sostenibilità che negli anni stanno diventando sempre più alti e specifici.
Com’è una tua giornata tipo ora che sei anche una giovane imprenditrice oltre che mamma?
La mia giornata tipo inizia come mamma, preparando i bambini per la scuola e per l’arrivo della babysitter, prosegue con il mio lavoro (parlo sia di controllare e portare avanti Amorilla sia di creare contenuti per Instagram e Youtube come Carotilla) e poi torno ad essere mamma nel primo pomeriggio, quando riprendo i bimbi con me.
Camilla è anche impegnata nella TurnAroundHMChallenge, una campagna social di sensibilizzazione nei confronti di H&M che chiede al brand di introdurre il salario equo per i suoi lavoratori.
Partecipate anche voi!
La prima parte del nostro incontro, quella dedicata al progetto imprenditoriale di Camilla, termina qui.
Vi aspettiamo tra una settimana per parlare con lei di New York e di tante altre curiosità che la riguardano.
A prestissimo!
SE TI E’ PIACIUTO QUESTO ARTICOLO TI CONSIGLIO ANCHE
CAMILLA MENDINI, YOUTUBER ECOSOSTENIBILE TRAPIANTATA A NEW YORK
MODA SOSTENIBILE: LE SETTE REGOLE D’ORO
COM’E’ LAVORARE CON CLIOMAKEUP? CE LO DICE SILVIA DEL TEAM CLIO