Un “Non-gruppo che suona non-musica per non-ascoltatori”: già solo questo basta a scatenare curiosità e a sollevare domande su cosa e chi siano davvero i d-saFE.
Musicisti di alta formazione, nati tra Monza e Milano, i Dolphinsafe nascono nel 2004 da un’idea di Marco Pancaldi, chitarrista (cofondatore dei Bluvertigo, in seguito collaboratore di Franco Battiato ed Alice) e Lorenzo Pierobon, musicoterapeuta e studioso della voce. Dopo una lunga ibernazione, il gruppo si rigenera nel 2017 con la semplificazione del nome e l’inserimento del tecnico del suono e polistrumentista Maurizio Nardini.
La loro musica è un intreccio di rimandi alla memoria, di sonorità familiari e al tempo stesso sconosciute, di atmosfere evocative e quasi “magiche”.
Abbiamo intervistato Marco Pancaldi.
E’ praticamente impossibile trovare informazioni sui d-saFE, una contraddizione in termini in questo mondo di troppa informazione…
MP: non trovi informazioni per due motivi, uno pratico ed uno programmatico: il primo è che non abbiamo dischi da promuovere, quindi non abbiamo una struttura di marketing a supportare alcuna vendita; il secondo è che la nostra musica si nutre di fatidicità, improvvisazione, strutture aperte, quindi vive nello spazio irripetibile della performance dal vivo. Raccontare la musica è impossibile, quindi, puoi semplicemente essere presente.
Chi sono i d-saFE?
MP: sono i tre livelli di densità di tre differenti individui che contribuiscono a uno scenario sonoro complessivo. Il chitarrista, che utilizza in questo contesto suoni piuttosto atipici, evoca un contenitore liquido-armonico orizzontale, una sorta di biosfera al cui interno può svilupparsi e articolarsi la voce: l’elemento più organico ed empatico cui l’ascoltatore può collegarsi. Sotto la superficie, una pulsazione a vari gradi di complessità viene generata dal terzo uomo, che utilizza gli strumenti apparentemente più distanti fra loro: sintetizzatori e tamburi, preistoria e futuro.
Frasi ad effetto sono disseminate sui vostri social, quasi a sollevare domande nel pubblico (del web). E’ questa la vostra intenzione? Se sì, perché?
MP: personalmente, vivo ponendomi domande su ogni cosa. Il mio modo di suonare pone costantemente domande, a me stesso e all’ascoltatore. La nostra performance è una serie interminabile di quesiti, quasi una partita di scacchi, con risposte che spesso arrivano improbabili o inattese. d-saFE non è musica che ti coccola, non è musica che ti aspetti, non è musica secondo le regole vigenti: invece, è una musica che pone domande. Senza fare domande, nemmeno avrai risposte.
“la nostra musica si nutre di fatidicità, improvvisazione, strutture aperte, quindi vive nello spazio irripetibile della performance dal vivo”
Quanto conta per voi la qualità di ciò che si diffonde?
MP: in questo momento la qualità è tutto – mentre la musica di oggi è vuota, di suoni e di contenuti. Per quanto ci riguarda: la performance, sul piano economico, non ripaga minimamente la nostra arte, il nostro impegno, la nostra passione. Viviamo la nostra come una missione alchemica: permettiamo alla musica di materializzarsi, in quel momento esatto. Sono molto presuntuoso su questo. E il nostro unico compenso è la qualità: della performance, del suono, dei rapporti all’interno del gruppo. Non c’è altro movente che mantenere il giusto livello di qualità.
Il vostro live è denominato “I delitti della Rue Morgue”: Pensi che tutti afferreranno il rimando al racconto di Edgar Allan Poe? E perché questo titolo?
MP: Le nostre sonorità sono spesso gotiche, ancestrali, angolari. Poe è uno dei maestri del mistero, dell’evocato/non raccontato. Inoltre giocheremo con un film del 1932 con Bela Lugosi (tra l’altro il primo Dracula del cinema sonoro), che porta lo stesso titolo del racconto di Poe. Bianco e nero, rimandi alla scuola espressionista tedesca. Sono i giocattoli dell’immaginario della mia giovinezza, eppure l’idea non parte da me.
La vostra musica è suonata prevalentemente live. Cosa si deve aspettare chi viene ad un vostro concerto? Io la trovo molto evocativa.
MP: la nostra musica è un viaggio, come accennavo prima, attraverso quesiti – come nei romanzi d’appendice sui quotidiani, o le serie a fumetti della Marvel degli anni ’60: quasi ogni episodio si conclude con il cliffhanger, con un problema, una svolta improvvisa, un punto interrogativo da risolvere. Se suoniamo in tre, e non c’è struttura, né tonalità definita a priori, qual è la cosa “giusta” da fare in “questo” momento? Posso assecondare, sterzare bruscamente, o contribuire con un silenzio esemplare. Inoltre, suonando con dei loop che rigenerano per minuti quanto suonato in precedenza, sei messo costantemente di fronte alle ripercussioni delle tue azioni precedenti, come diceva uno dei miei musicisti preferiti, Robert Fripp.
“Da Battiato posso dire che ho imparato molto ma anche nulla, perché è inimitabile. Un problema che in generale ho sempre sofferto è che la chitarra è quasi sempre un luogo comune”
In quanto musicista che ha collaborato prima con i Bluvertigo poi con Alice e Battiato, cosa hai imparato del mondo della musica e della musica che vuoi suonare?
MP: il “mondo” della musica è come il “mondo” della prostituzione: tutti vogliamo essere amati e fare l’amore, ma quando la cosa diventa professione cambiano i termini e la qualità. Il business della musica sta alla musica come prostituzione e pornografia stanno all’amore. Con i Bluvertigo è stato bello condividere il progetto musicale, ma non avevamo unità di progetto né sui modi né sulla qualità. Da Battiato posso dire che ho imparato molto ma anche nulla, perché è inimitabile. Un problema che in generale ho sempre sofferto, all’interno del “mondo” musicale italiano, è che la chitarra è quasi sempre un luogo comune, fatto di suoni e parti che sono sempre quelle: prevedibibili, ricorrenti, stereotipate.
Quali sono stati i tuoi riferimenti artistici? Puoi farci qualche nome?
MP: sono cresciuto ascoltando tante cose differenti: prima i Pink Floyd, i Jethro Tull, poi i Police, i King Crimson degli anni ’80, i Talking Heads, i Duran Duran, i Queen. Ma ho avuto certamente più influenze di quanto io stesso sia consapevole. Non ho mai amato quelli troppo bravi, troppo raffinati, troppo scolarizzati, e tantomento mi piacciono gli scarponi che basano tutto sull’attitude e la faccia “giusta”. Peraltro, se uno è bravo si capisce dopo trenta secondi, anzi molte volte solo da come imbraccia lo strumento. Mentre gli atteggiati sono pieni di automatismi, sono meccanismi che producono musica meccanica.
Quanto conta la musica oggi e dove sta andando?
MP: oggi in particolare la musica non produce niente, se non numeri nel business plan. La musica registrata non si paga e produrla deve costare un’inezia. Se guardi i festival italiani e internazionali, trovi poco di vero e di onesto. Forse questo problema c’è sempre stato, ma tante produzioni di qualità sfuggivano in qualche modo alla regola. Oggi la radio, salvo eccezioni, non si può sentire. La musica migliore, a cercare con le migliori intenzioni, è quella fatta come un jingle ben congegnato. Contenuti, sonori, testuali o musicali, non ne sento. Poiché tutti abbiamo bisogno di nutrirci di suono, di ritmo, di vibrazioni la musica si fa ancora, ma è come una busta precotta di Quattro Salti In Padella: ti va bene se non hai mai assaggiato altro.
Live a Vimodrone
Il prossimo concerto-performance di d-saFE, un house-concert privato, è in programma a Monza per venerdì prossimo 20 aprile.