Secondo il rapporto di Unioncamere, l’Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel 2014 il fatturato dei cosmetici biologici è stato stimato in 400 milioni di euro, quasi l’8 per cento in più rispetto al 2013, mentre il mercato mondiale si attesta sui 13 miliardi di dollari. Il problema è che in Europa non esistono regole precise per questa categoria di prodotti, per i quali vige solamente la regolamentazione più generale della cosmetica.
Ecco perché chi cerca e consuma prodotti di questo tipo, magari invogliato a percorrere un cammino più sano ed ecologico anche nel consumo di cosmetici , può incorrere in sonore prese in giro. Questo perché, visto il crescente interesse per il settore bio, sempre più produttori di cosmetici fanno di tutto per confondere le idee al potenziale acquirente: quanti prodotti con la dicitura “bio“, “ecologico“, “naturale” avete visto sugli scaffali, e quanti di questi prodotti avete acquistato o avete pensato di mettere nel carrello o nella borsa della spesa? La stessa trasmissione Report, in una sua puntata piuttosto recente, aveva dedicato un approfondimento ai cosiddetti “biofurbi“.
Se è vero che è sempre più di moda fare del proprio stile di vita il biologico, è anche vero che c’è chi si approfitta di questa tendenza per speculare e trarre in inganno l’acquirente. Ma come si può fare per tutelarsi? Pare che l’unico modo sia il fai da te: occorrerebbe imparare per bene a leggere l’inci – la lista dei componenti del prodotto, che deve essere riportata obbligatoriamente sull’etichetta – il che non è facile. Termini ben poco chiari perché tecnici, scritti in latino e in inglese, non lasciano scampo all’acquirente medio che magari al supermercato deve fare la spesa e non ha molto tempo da perdere per decifrare scritte poco comprensibili e magari scritte molto in piccolo. Ma pare essere davvero l’unica soluzione, perché è meglio essere cauti con ciò che si legge sull’etichetta principale: molti prodotti contengono nel nome un termine come “bio” “eco” o altri simili, ma senza fare parte della categoria. Questo può succedere perché la ditta produttrice, consapevolmente o meno, utilizza il suo marchio apponendolo anche nel nome del prodotto (Es: “Bioqualcosa” perché facente parte del marchio “Bioqualcos’altro” e via dicendo) senza però che il prodotto in questione sia biologico. Stesso discorso per il termine “naturale” o “natur”: un marchio può denominarsi tale senza necessariamente produrre prodotti naturali.
Quindi, bando all’ingenuità ed affiniamo l’astuzia. E poi non vergognarsi di chiedere: sia in erboristeria che in farmacia che al supermercato, chiedete cosa contiene il prodotto, chiedete se si tratta di un prodotto veramente biologico. Ma, soprattutto, documentatevi. Questa è senz’altro l’arma migliore per non incorrere in noiose brutte sorprese.
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Vi lascio con una riflessione: al netto della genuinità del prodotto biologico, avete notato miglioramenti dopo l’utilizzo di cosmetici bio oppure al contrario vi è nata qualche fastidiosa intolleranza? Può apparire strano, ma succede…
Puntiamo sull’equilibrio: utilizziamo solo ciò che ci fa bene, ponendo attenzione sulle reazioni che ha la nostra pelle.