E’ stato un Festival in cui gli ultimi resteranno gli ultimi, purtroppo.
Merito della televisione e della logica tutta italiana di impronta davvero nazional-popolare che ha fatto vincere “Il Volo”. Ma non crucciamoci troppo: nonostante i commenti sui social, che nella maggioranza stroncano il verdetto finale, questi tre ragazzi cresciuti a Clerici, Bocelli ed in un programma tanto condannabile come “Ti Lascio una Canzone” , che sbatte in tv bambini e ragazzini dimenticandosi dell’ insegnamento di Gaber (tra gli altri), non credo si sentiranno tanto in radio. Bravi loro che all’estero raccolgono molti consensi (e come potrebbe essere diversamente, visto che fuori dai confini persevera lo stereotipo del mandolino – tenore – pizza e tarantella) e bravi professionisti, s’intenda. Nulla chi scrive ha contro di loro, ci mancherebbe; è che insomma, da questo Sanremo rinnovato ed un po’ “cresciuto”, ci si aspettava un salto di qualità.
Secondo Giovanni Leone, direttore di Rai1, questo è stato “il Festival della canzone italiana più visto negli ultimi 10 anni”, ovvero dal 2006 a oggi. Ne sarà felice Carlo Conti, che verrà quasi certamente riconfermato anche per il 2016. Ma, parlando di canzoni,
è stato sicuramente apprezzabile lo sforzo di far convergere musica anche al di fuori degli schemi italioti della competizione, ma non si è riusciti a dare i giusti meriti a chi è arrivato ultimo: Grazia di Michele e Mauro Coruzzi, alias Platinette, che con la loro “Io Sono una finestra” quantomeno si sarebbero dovuti aggiudicare il premio come miglior testo o quello della critica. Niente da fare, il pubblico – e tocca dirlo, anche i cosiddetti “esperti” – non hanno minimamente colto il grande significato di queste parole sofferte e si sono lasciati scappare una occasione per fare bella figura. Eppure la Di Michele aveva ben chiarito lo scopo del brano: “L’intento era scrivere una canzone per Mauro, che raccontasse Mauro e per tutte le persone discriminate, di fargli raccontare la sua bellezza che io avevo colto e lui non aveva avuto il coraggio di manifestare attraverso la musica”.
Poco conta, in un festival che ci ha ormai abituati alle canzoncine?
Onore al duo che ha cantato la diversità e la sofferenza che ci sta dietro, ed onore anche a Gianluca Grignani, ruvido, a tratti impastato, ma lucido nel narrare la sua voglia di “essere normale”; un altro appello caduto nel vuoto dei lazzi, dei frizzi e della superficialità dei salotti “alti”. Poco importa, ripeto. Le canzoni sono lì, per essere scelte ed ascoltate, per trasmetterle alla radio, per cantarle. Nota di plauso a Nek, dopo anni ha avuto un riconoscimento a mio avviso giusto. E poi diciamocelo, l’occhio azzurro non perdona.
Peccato invece per quella che sarebbe dovuta essere, a mio parere, la vincitrice del Festival, Nina Zilli. Impeccabile nel suo mood blues e nero, bella, elegante, raffinata. Brava.
Carlo Conti ha innovato poco riferendosi soprattutto al passato, alla famiglia anni ’50, ed ha funzionato. Personalmente, cosa ho maggiormente apprezzato della sua conduzione è stata l’assenza di ansia. Proprio così: ritmo brioso, mood rilassato, conduttore che non ci fa, ci è.
Professionale.
E questo paga.
Io Sono una Finestra
Io sono una finestra velata di vapore
In questa notte gelida deserta ed incolore
Rispecchia la finestra la carne e le emozioni
Di me che sono specchio delle contraddizioni
Difficile vedere se il vapore non svanisce
L’appiccicosa errore di chi non capisce
Eppure su riflette un’ombra che è la mia
Un’ombra di rossetto contro l’ipocrisia
Io non so mai chi sono eppure sono io
Anche se oltre il vetro per me
Non c’è mai un Dio
Ma questo qui è il mio corpo benché cangiante e strano
Di donna dentro un uomo eppure essere…umano
Sfogliando le parole di questa età corriva
Divento moralismo e fantasia lasciva
Crisalide perenne costretta in mezzo al guado
Mi specchio alla finestra e sono mio malgrado
Io non so mai chi sono io per la gente
Coscienza iconoclasta volgare e irriverente
Ma questo è solo un corpo il riflesso grossolano
Di donna o forse uomo comunque essere umano
Io non so mai chi sono eppure sono e vivo
Più del pregiudizio che scortica cattivo
Ma quando spio il mio corpo che si riflette piano
Non c’è una donna o un uomo, solo un essere umano
Io non so mai chi sono eppure sono e vivo
Più del pregiudizio che scortica cattivo
Ma quando spio il mio corpo che si riflette piano
Non c’è donna o uomo solo un essere… umano
Io sono una finestra che aspetta che il vapore
Svanisca come un sogno.