Una serata di giugno, dopo il lavoro, a sfrecciare in macchina sino al Teatro Carlo Felice di Genova per un concerto. Prima la sopraelevata, poi la spianata dell’Acquasola per cercare un posteggio , quindi via, giù per le scale strette, per ritrovarsi in Via XX Settembre e poi, più su, in Piazza De Ferrari:a destra il Teatro, dove Cristiano De André sta per esibirsi. “Come in Cielo Così in Guerra”, l’ultimo lavoro di Cristiano dopo una lunga pausa durata dodici anni (“Scaramante” il suo ultimo lavoro d’inediti da studio), è sicuramente un piccolo grande esempio di maturità, di quella linea rossa che sta a delimitare il confine tra l’ essere figlio di un padre d’incommensurabile altezza e l’essere Cristiano, anche figlio di Fabrizio. Questa sua gestazione, questi suoi silenzi, gli hanno sicuramente giovato, forse perché gli hanno dato la misura del tempo, ma soprattutto perché gli hanno permesso di conoscere meglio se stesso. Lo dimostra la poesia del suo ultimo album, intrisa di malinconia ma anche di denuncia sociale, così come di struggente tenerezza. L’oggi viene raccontato senza preclusioni, scremato da manierismi o fronzoli. Ed è davvero un bel lavoro.
Fin dagli esordi con “Tempi Duri”, titolo sia del brano che della band, che presentò al Festival di Sanremo nel 1982, si sentiva che Cristiano era davvero qualcosa di più che un figlio d’arte. Si sentiva e si vedeva che aveva la stoffa del perfomer, e che nei geni così ben ereditati che lo portavano a somigliare anche fisicamente e vocalmente al padre, si esplicava il suo essere Unico.
Quindi cosa trovare di più emozionante, che sentire Cristiano parlare al microfono con quella voce calda e percepire l’ emozione nel cantare nella sua città? Cristiano, che non ha bisogno di pubblicità e che se fa qualcosa la fa senza spargere troppo la voce, ha devoluto l’intero incasso della serata genovese per la costruzione della Fondazione Don Andrea Gallo. Solo qualche giorno fa Domenico Chionetti, portavoce ed anima della Comunità di San Benedetto al Porto, aveva detto alla stampa: “Grazie a Cristiano De André arriva il primo contributo importante per la costituzione del capitale necessario per dare vita alla Fondazione Don Andrea Gallo. Noi tutti gli siamo grati per essere sempre stato vicino a Don Andrea Gallo, e soprattutto per essere venuto a salutarlo prima che ci lasciasse”.Dal canto suo, Cristiano ha ricordato il Prete degli ultimi dicendo:“…Quell’immensa Stella Polare che era Don Gallo”. La prima parte del concerto è stata un susseguirsi di canzoni tratte dal suo ultimo lavoro, iniziata con “Non è una favola”, il singolo attualmente in circolazione, “Ingenuo e Romantico”, e “Le bambole della discarica”. Poi ecco le canzoni di Fabrizio, che Cristiano aveva avuto modo di cantare grazie al progetto “De Andrè canta De Andrè”(del quale erano usciti due cd) tanto fortemente voluto dal grande Pepi Morgia, ormai purtroppo scomparso. Un crescendo di note e ricordi tra In direzione ostinata e contraria, Dormono sulla Collina, Creuza de Ma, Fiume Sand Creek, Quello che non ho. Pubblico in piedi, applausi, sino al bis super energetico con “Il Pescatore”. Cristiano è accompagnato durante questo tour da Osvaldo Di Dio alle chitarre, Davide Pezzin al basso e contrabbasso, Davide Devito alla batteria e Daniele Dupuis “Megahertz” alle tastiere e sequencer.
Daniele Dupuis alias Megahertz
In un altro passaggio di testimone da padre in figlio, la regia delle luci è affidata a Emiliano Morgia, figlio di Pepi che firmò gli spettacoli di Fabrizio e le tournée di “De André canta De André”. Assieme a loro anche gli storici tecnici del padre, i fonici Giancarlo Pierozzi e Vincenzo “Cina” Cinone.
Genova ringrazia ed aspetta Cristiano lasciandogli le chiavi di casa.
Grazie a Christian De Martino per il materiale fotografico.